lunedì 25 dicembre 2023

Il duca e io - Julia Quinn

 


Lettura cuscinetto: per aiutare a completare la challenge di GR e per riempire il tempo nell'attesa del nuovo libro che mi deve arrivare. Responso: ha assolto poco degnamente al suo compito. Anche avendo voglia di rosé (o romance), questo non significa che uno debba accontentarsi di roba scadente.
Vorrebbe ispirarsi alla Austen. La Austen è su ben altri livelli, in comune hanno solo l'ambientazione: ma passi il tentativo di imitare un po' chi si trova su vette non arrivabili.
Quel che da' fastidio è una certa mancanza di immaginazione laddove una giovane protagonista, figlia di una viscontessa, viene descritta in atteggiamenti consoni ad una ragazza (anzi, a un maschiaccio) del ventunesimo secolo: alzate di spalle, le mani sui fianchi, pacche sulla schiena con i fratelli, pugni e schiaffi come reazioni di primo acchito... sono atteggiamenti che agli inizi del XIX sec., specialmente per una ragazza della buona società, credo fossero immaginabili quanto un telefono cellulare; ci vedo un modo molto molto ingenuo e banale - da parte dell'autrice - di cercare di creare una novella Elizabeth Bennet. I dialoghi vorrebbero essere umoristici ma riescono solo a essere patetici. Ci vuole ben altro.

Quindi, mancanza di immaginazione/immedesimazione e anche mancanza di cura del dettaglio: come fa la viscontessa, nell'annus domini 1813, ad usare il vocabolo "boicottaggio"? il Capitano Boycott non era ancora neanche nato! Affinché il vocabolo "boicottaggio" arrivasse nelle sfere della viscontessa, ci sarebbe voluto ancora un secolo abbondante!
Discorso analogo per il valzer: non sono sicura che nel 1813 fosse già così diffuso durante i ricevimenti dati dai nobili.
E ancora: immaginarsi, nel 1813, un anello di fidanzamento in oro bianco, ecco un'altra robusta cantonata.
Questi sono solo alcuni esempi, potrei sciorinarne altri. In generale, non ha nulla di "storico": è solo una sceneggiatura, anzi, un canovaccio per una telenovela in costume.

Peccato perché non era proprio tutto tutto da buttare. L'idea del protagonista maschile, uno che da bambino soffre di balbuzie e che con il passare degli anni adotta tecniche tutte sue per ovviare all'imbarazzante difetto, fintanto che il parlar poco, il fare pause riflessive, tutte le sue tattiche di autocontrollo finiscono per conferirgli quell'aria "ducale", quella superiorità che tutti ammirano e tutti agonano: tal personaggio non è per niente stupido e non è niente affatto un cliché. La caduta di stile è - casomai - nel fatto che esteticamente costui debba essere per forza il classico Adone. Il vero colpo di genio sarebbe stato dargli un aspetto comune e/o non particolarmente attraente. Un'altra idea un poco brillante e diversa dal solito era quella delle lettere lasciate dal padre di lui, all'interno delle quali si rivela esserci nulla di nulla, ma anche questo piccolo dettaglio in positivo rimane soffocato dall'orrore dei dialoghi del secondo epilogo, i quali sono ancor peggio che patetici, sono proprio orrendi.

Comunque pazienza: volevo la letturina-cuscinetto veloce e leggera, e dunque il rischio delusione era dietro l'angolo. Ero oltretutto ben disposta, attraversando un momento in cui ho bisogno di poter credere che su questo pianeta bislacco càpiti anche ad un uomo di innamorarsi di una donna, e non solo viceversa. Foss'anche solo in un romanzetto leggero. Leggero sì, ma penoso no.

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