domenica 12 novembre 2023

L'ultimo inverno di Rasputin - Dmitrij Miropol'skij

 Giusto cielo, che razza di faticaccia! Me lo sono trascinato dietro per mesi. Certo non la lettura ideale per chi, come la sottoscritta in questo momento, attraversa una fase di blocco/rallentamento del lettore: eppure, per effetto di una perversa ipnosi, nonostante la faticata della lettura, non ho osato mollare definitivamente. Sarà colpa anche questa del demone santo, senzadubbiamente. A volte libri faticosi e impegnativi sono sinonimo di soddisfazione; altre volte la fatica è solo sintomo di una mancanza di entusiasmo, a causa della quale si manda avanti la lettura con la stessa agilità con cui si potrebbe spingere un elefante su per la scala. Questo L'ultimo inverno di Rasputin si iscrive dritto dritto alla seconda categoria: c'era tanto materiale per far bello, aveva tutte le carte in regola per avvincermi e coinvolgermi, e invece la cosa che ricorderò di più di questo tomone sarà essenzialmente la faticata. Il titolo originale del romanzo è di una presunzione inaudita: "1916. Vojna y Mir". E credo non servano ulteriori spiegazioni. E poco conta la raffinatezza del gioco di parole, della differenza tra Mir e Myr.

D'altro canto, il titolo scelto per la traduzione italiana è penalizzante, non renderebbe giustizia a un romanzo dall'ampissimo respiro storico e lo fa sembrare il solito thrillerone/giallone con protagonista il cattivone per eccellenza. La parte storica è di quelle che tengono il lettore incollato alla pagina, la parte di fiction è dannatamente ben costruita, e allora com'è che il tutto risulta così pesante e indigesto?
Lo stile della scrittura non brilla particolarmente, anzi, è davvero piatta. Ha un modo di tirarla per le lunghe che sa vagamente di presunzione, proprio come nel titolo, e per questa via non ci si può innamorare della lettura. La struttura narrativa è spezzettata su più scene/episodi nel tentativo un po' disperato di creare un effetto "cinematografico" con risultato che non è un romanzo vero e proprio ma nemmeno una sceneggiatura vera e propria. C'è un eccesso di dettagli nella ricostruzione storica, che non giova mai a nessuno.
Sorvolando sulla scrittura sciatta, e nel fare lo slalom tra un dialogo deprimente e un dialogo didascalico, capita tuttavia di imbattersi in scorci di particolare bellezza, e per di più una bellezza che ha un che di semplice e familiare. Tantissima cronaca, tanti spiegoni e pochissimo romanzo. Capita anche di imbattersi in spiegoni interessanti, cose inedite mai lette prima, insomma qualcosa si impara. Alcuni passaggi di illuminante verità finiscono purtroppo per perdersi, annegati nella frammentarietà dell'impianto.

Spaventosamente attuale (spaventosa nel senso letterale del termine) l'atmosfera storica-geo-politica su cui si innestano le premesse dello scoppio della prima guerra mondiale.

A lettura ultimata, provo un grande sollievo e una certa gratitudine: per la seconda, il libro ha un qualche merito perché come detto qualcosa da imparare c'è; ma il primo (il sollievo) è il più evidente segnalatore di lettura non particolarmente amata. Non posso andare oltre le due stelle e mezza.

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