domenica 4 febbraio 2024

Il Gran Diavolo - Sacha Naspini

 Strana creatura, questo romanzo. Quasi un dreadful imbroglio.

Dapprima lo trovo vago e inconsistente, poi inizio a prendere un po' di gusto nella lettura quando il protagonista popolano, Niccolò Durante detto Il Serparo, assume maggior carattere: per un attimo arrivo a paragonarlo al giovane Hornblower. Il Giovanni de' Medici nella prima parte del romanzo compare poco, in maniera indiretta, in ogni caso non è protagonista; compaiono bene, invece, le Bande (non ancora Nere), e difatti protagonisti del racconto sono alcuni dei mercenari entrati a far parte della compagnia: personaggi di invenzione ma in tutto e per tutto plausibili. Per dirla tutta, si tratta di personaggi sbozzati in maniera grossolana e/o approssimativa. Ho subìto gli effetti negativi di questa che mi pareva approssimazione e così non mi sono goduta la parte centrale del romanzo, per lo meno non mentre leggevo: ero piuttosto impegnata a biasimarmi e a compiangermi nel sentirmi servita una robusta cantonata proprio quando meno me la aspettavo. Continuavo a ripetermi che ero partita con aspettative altissime, a 'sto punto troppo alte: personaggio emozionante, periodo storico emozionante, autore potenzialmente emozionante perché di suo avevo già letto Le case del malcontento con grandissima soddisfazione. Il cocente senso di delusione mi aveva già spinto mio malgrado ad ammettere che si trattava di una lettura del tutto priva di nerbo. Ma nel frattempo qualcosa è scattato, e mi sono detta: se una cosa cammina, o comunque "funziona", pur non avendo la schiena, un qualche merito o pregio dovrà per forza avercelo. E allora ecco l'illuminazione. Certo che il romanzo è privo di spina: parla di serpenti, il romanzo è esso stesso un serpente! E così ho rivalutato il tutto, e rivalutato alla grande.

"Esiste, in questo nostro modo di stare tra le bande, un aspetto infido" disse Niccolò dopo alcuni istanti. "Fare la spia è comunque tradire. Mantenere un segreto per lungo tempo è comunque tradire."

Dunque abbiamo una storia che ricomincia proprio laddove si era fermato il racconto di Carla Maria Russo su Caterina Sforza. Un romanzo storico perfetto per gustarsi la parte più verace - dicesi anche: sanguinaria -  del cinquecento (e delle bande di ventura) senza bisogno alcuno di scadere in facilonerie dark e/o gothic. Zero poesia, zero filosofia spicciola, solo sostanza ma niente info-dumping. Quella che io all'inizio leggevo come approssimazione, in realtà era il giusto grado di distacco. Con la giusta prospettiva e senza troppe pretese, si arriva ad abbracciare bene lo spirito del personaggio e lo spirito del suo tempo. 

"...tutto questo per dire che Giovanni è Medici di nome, ma di sangue è Sforza."

E il racconto termina esattamente nel punto in cui può iniziare un nuovo romanzo, una nuova epopea. Anche il mio secondo libro di Naspini è promosso a pieni voti. 

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